Terraferma di Crialese, i “vu’ cumprà”, l’inferno sulla Terra

Locandina di Terraferma
La locandina di Terraferma, da Mymovies.it

Quando uno comincia a vedere che il posto in cui vive sta attraversando una fase un po’ fra l’adolescenziale spinto e l’avvio alla carriera delinquenziale, normalmente ha tre scelte: saltare sul carro del vincitore; stare zitto e vedere se passa la piena; provare un attimo a dire la sua.

Chi scrive è della terza categoria.

E’ vero: parlare oggi delle gesta dei nostri Ministri in tema di immigrazione&sicurezza, o anche solo di Terraferma, film del 2011 di Emanuele Crialese, può attirare qualche ira.

Perché fa emergere qualche contraddizione, perché la contraddizione riguarda l’immigrazione che è ormai l’unico tema di cui parla la politica, perché la contraddizione è tutta interna al popolo italiano.

Un popolo che ha conosciuto per secoli l’emigrazione, interna o esterna, e in particolare un’emigrazione che è stata ed è di tipo economico. Per capirci, piaccia o meno, i nostri vecchi, i nostri avi, noi stessi che magari siamo andati al Nord o all’Estero siamo migranti economici a tutti gli effetti, andati via per mancanza di opportunità o a volte per pura fame.

Siamo tutti almeno parenti di migranti economici. E a volte di rifugiati politici, perché no? Dopotutto c’è stato qualcosa di tragico, qui, fra il 1922 e il 1945, nonostante Lui abbia fatto anche “cose buone”1.

Non manca poi chi è partito per altre ragioni, naturalmente.

Ce li ricordiamo Sacco e Vanzetti? Vedere qui. Ce lo ricordiamo come erano visti gli italiani immigrati in America? Ecco un ripassino qui.

Questa è la nostra Storia, ci piaccia o no.

E se questa è stata ed è tuttora l’Italia, allora viene un po’ da chiedersi come mai questo rifiuto del migrante, specie se economico.

Beh, Terraferma ha una sua magari limitata e parziale risposta, ma ce l’ha.

Vivi in un posto di mare?

Allora molto probabilmente sei pescatore. Ma siccome nella bella stagione vengono i turisti e tu puoi almeno arrotondare con la casa da affittare, con il lido o con le gite in barca, allora avere qualche nero che gironzola nei paraggi può dar fastidio.

Ma mica a te che sei pescatore, ci mancherebbe: al turista, no?!

Ecco, se in questo film c’è un ritratto veramente duro non è nemmeno quello del cinico Nino (Beppe Fiorello, sempre bravo), che alla fine è un cinico e come tale giustamente si comporta; e nemmeno quello del giovane Filippo (Filippo Pucillo), che alla fine si riscatterà con nostra gioia: il ritratto duro è quello del turista.

Un turista che è carne da macello, che se va male è una comparsa pronta a bersi le balle omertose del barman che giura che clandestini sull’isola non ce n’è e che si chiede con una faccia incredibile chi sia a mettere in giro certe “minchiate“, mentre se va bene è un personaggio positivo ma anche abbastanza irritante.

Turisti naturalmente lo siamo stati tutti, ci mancherebbe, e in questi periodi è la norma: tutti amiamo passare le nostre poche ferie in un posto pieno di gente che urla, telefoni che squillano, mare sporco e spiagge peggio, mentre o stiamo nella spiaggia libera (leggi: carnaio) o andiamo al “lido” (leggi: pagare)!

E certo è che se ci si sta godendo le ferie o comunque ci si sta provando, allora la cosa peggiore, come il Ministro dell’Interno Salvini ha avuto recentemente modo di spiegarci2è il vu’ cumprà“, sorta di mostro marino tipo Lochness che a inizio giugno emerge dalle inquinate acque italiane con cassette piene di occhiali taroccati, orologi, braccialetti, teli da spiaggia e altra chincaglieria che al più si potrebbe definire kitsch.

Non gli incendi. Non il vandalismo. Non le reti a strascico sottocosta. Non i cassonetti in fiamme. Non l’acqua inquinata. Non le fogne che scaricano in mare. Non l’abusivismo edilizio. Non le spiagge sporche e maltenute. Non la spazzatura che si accumula per problemi di stoccaggio.

No. Il problema dell’estate italiana, secondo il Ministro Salvini, sono i “vu’ cumprà”.

E non solo loro: anche chi osa comprare il cagnolino elettronico che abbaia proprio come una mucca o la catenina in alluminio purissimo deve essere giustamente multato.

Certo, certo.

E figuriamoci se, come in Terraferma, questi diseredati nemmeno ce l’avessero, questa paccottiglia da vendere! Infastidirebbero i turisti, ovvio3.

E’ proprio su questi cortocircuiti mentali che si innesta quello che, qualche decennio fa, si sarebbe solo creduto un distopico universo narrativo: i respingimenti di maroniana memoria4 e il reato di immigrazione clandestina, con relativi guai per chi, come il nonno di Filippo, Ernesto (Mimmo Cuticchio), si trova davanti un gommone traboccante di migranti e riceve dalla Guardia Costiera l’ordine di allontanarsi.

Erano anni particolari, quelli di Terraferma: per capire il punto a cui si era arrivati basta ricordare che perfino ai medici italiani fu intimato di denunciare eventuali pazienti clandestini5.

Ecco, l’orizzonte era quello, e quello piano piano sta tornando, passando per i lager in Libia, i fenomeni di razzismo denunciati ogni giorno, le urla e le minacce della politica più becera, i nuovi respingimenti operati dal Ministro Salvini e all’altrettanto Ministro Toninelli.

In Terraferma Ernesto, pescatore vecchio e testardo ma di sani principi, rifiuta di lasciare affogare dei naufraghi. E per tutta risposta si ritrova la barca sequestrata e una migrante incinta e con figlio a carico nascosta in casa come gli ebrei dei vecchi tempi.

La vita, nel frattempo, continua: i confronti fra Filippo e i sempre gentili coetanei, le riunioni dei pescatori e i dilemmi fra la vita umana e la cattiva “pubblicità” (sic!) derivante dalla presenza dei migranti, la movida in cui Filippo è coinvolto da tre ragazzi a cui lui e la madre Giulietta (Donatella Finocchiaro, forte e sensuale) hanno affittato la casa, fra cui spicca Maura (Martina Codecasa).

Filippo in particolare si invaghisce di Maura e con lei farà una sciocchezza: una notte, rubata una barca, si allontaneranno in mare, cannetta in bocca, per godere sotto la magia del chiaro di luna.

Qui avviene una scena (horror puro, fra l’altro) che segna la giusta rottura di un incanto che non incantava nessuno.

Avevamo visto in questo film dei migranti rischiare l’annegamento ma comunque salvati, alcuni di loro nascosti e chi si era speso per loro accusato più o meno con i toni delle accuse a Gesù Cristo nel Vangelo. Ci immaginavamo che comunque, mal che andasse, il film sarebbe andato liscio liscio fino al dovuto lieto fine.

No, non è così.

Quella notte Filippo e Maura, soli in mezzo al mare, sono sorpresi dall’assalto di un’orda di quelli che se stessimo guardando un altro film chiameremmo zombi: decine di migranti, giunti a nuoto fino alla lampara che Filippo ha deciso di accendere, assaltano la barca.

Filippo risponde a colpi di remo in una scena tremenda, mentre Maura è interdetta e, forse, in parte ancora sotto l’effetto della canna di prima.

La storia prosegue ma il finale non voglio dirlo, a questo punto non importa.

Quello che importa è che già nel 2011, ben prima di Fuocoammare di Rosi, anche un film di fiction poteva raccontare un dramma che sarà sì del Mediterraneo, dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e del mondo, ma è soprattutto un dramma italiano. E lo fa con grandi scene, fra l’altro: quella della lampara e dell’assalto dei naufraghi, la gita in barca, ma anche la breve scena degli animali in campagna, giustamente bistrattati dai consumisti del turismo a cui dell’asinello non importa un piffero.

Bel film, Terraferma.

Uno si guarda questo film, poi guarda un telegiornale e gli sorgono i dubbi.

E’ stato giusto il trattamento riservato agli italiani emigrati in America?!

E’ giusto lasciare centinaia di persone in mezzo al mare mentre il nostro Governo litiga con quello maltese su chi vuole quelli che, se leggiamo fra le righe, sarebbero delle specie di rifiuti?!

Siamo sicuri che insinuare una poi smentita indicazione alla Guardia Costiera di non rispondere agli S.O.S.6 sia una cosa degna di un Paese civile?!

Come ci sentiremmo se i nostri cari fossero su una di quelle navi, noi che andiamo a prenderli in macchina alla stazione se il treno fa due ore di ritardo?!

E chi salva dei naufraghi, sia egli un pescatore o l’equipaggio della nave di una ONG, è un complice dei trafficanti?! Oppure è un santo, e noi giustamente lo metteremmo in croce perché a questo siamo buoni?!

Sono domande un po’ scomode, è vero. Però è giusto porsele.

Perché è facile dire che c’è un “noi” e un “loro”, e che quel “loro”, solo perché non è un “noi”, forse è anche meno umano di “noi”, ha meno diritti umani di “noi”, se muore non è un problema per “noi”.

Ma questa risposta facile non è la verità.

La verità è che stiamo costruendo un inferno in Terra, sia sul nostro mare che nel nostro Paese.

E se è vero che un film può magari cambiare un po’ il mondo o almeno far riflettere lo spettatore, allora guardiamoci Terraferma alla prima occasione e fermiamoci a riflettere.

Fermiamoci a riflettere.

  1. Quali non si è ancora ben capito, ma sfido chiunque a mettere a bilancio la bonifica delle paludi pontine con il confino, i morti dal 1919 in poi e le leggi razziali, non contando quattro e dicansi quattro guerre. Siccome poi una sbufalata sulle famose “cose buone” non fa mai male, nel dubbio leggere qui.
  2. http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/06/24/spiagge-piano-salvini.-multe-a-chi-acquista-da-ambulanti_dbc193d5-aa70-4ce5-81b1-10f9f14b6dc5.html.
  3. E del resto ormai si sa che questo fastidio può anche diventare qualcos’altro, no? Vedere pure qui.
  4. Con relative, ovvie condanne del nostro Paese che, altrettanto ovviamente, paghiamo noi: http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2012/02/23/news/l_italia_condannata_per_i_respingimenti-30366965/.
  5. Vedere qui.
  6. https://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/migranti_salvini_libia-3817507.html, con smentita: http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/06/26/toninelli-guardia-costiera-autonoma_OvPyr9z955rt6dSAi2nLUO.html; e altra smentita: http://www.askanews.it/video/2018/06/26/comandante-guardia-costiera-risponderemo-sempre-a-sos-in-mare-20180626_video_18511892/.

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