
Anno: 2017
Autore: Silvia Pedri
Editore: Antares Edizioni (autopubblicato)
Pagine: 104
ISBN: 9788826490441
ATTENZIONE – CONTIENE SPOILER
Come dice la sua stessa presentazione, La risposta di Giobbe è “una tenera storia d’amore“.
Una storia che coinvolge due personaggi molto particolari: Liubia Morzenti, studentessa all’Accademia di Belle Arti; e Salvo, postino emigrato a Milano dalla Sicilia.
La citazione del titolo è biblica. E’ infatti nel Libro di Giobbe che Dio e Satana scommettono sulla fedeltà di Giobbe, uomo pio e devoto: quanto a lungo riuscirà questo virtuoso a rimanere fedele al suo dio, se verrà colpito più e più volte nei suoi beni e negli affetti?
Stremato dalle disgrazie che gli sono occorse, dopo qualche tempo Giobbe si lamenta della sua condizione con altri con altri saggi uomini1, trovandosi infine a parlare con Dio stesso, che gli appare in una tempesta. La risposta di Dio a Giobbe è abbastanza nota, e non è troppo amichevole.
Forse un po’ meno nota è appunto la risposta di Giobbe a Dio: “Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo“2, ammette infatti l’uomo dopo che Dio gli ha rinfacciato la sua piccolezza, la sua insignificanza di fronte alla divinità. Giobbe dunque si pente e ritira le sue rivendicazioni.
La sensazione più immediata potrebbe essere che non si può pretendere da Dio (o comunque da Yahweh) una spiegazione del senso della vita e di ciò che succede nel suo svolgersi. Quella del senso della vita sarebbe quindi una ricerca continua e destinata, sembrerebbe, a non trovare soluzione.
La risposta di Giobbe in realtà non cerca esattamente il senso della vita; in questo romanzo di Silvia Pedri, piuttosto, Liubia cerca, sepolti nella memoria, i pezzi di un amore perduto.
Come scopriamo già dalle prime righe, infatti, Liubia e Salvo non stanno più insieme.
Liubia però sente che Salvo è ancora vivo, da qualche parte, e riesce addirittura a percepirne la presenza sul territorio di Milano.
No, non è fantascienza: questa capacità extrasensoriale è dovuta, nel caso di Liubia, all’epilessia. Liubia ne soffre fin dall’infanzia, insieme all’asma. E quando sviene in preda alle convulsioni riesce a percepire le cose in un modo diverso dall’ordinario. E a quanto sembra di capire tutto il romanzo potrebbe anche svolgersi in un solo, unico istante: l’istante in cui Liubia, in preda a una crisi, percepisce la presenza di Salvo e ricorda.
Liubia ricorda la sua storia iniziata per una coincidenza, la reciproca analisi dei traumi e dei problemi che affliggono entrambi, le serate a casa di variopinta gente portatrice di condizioni fuori dal cosiddetto “comune” (comune a chi?, ci si potrebbe chiedere), le storie con altri ragazzi, la passione per la pittura.
Liubia è infatti una pittrice, un’anima in pieno movimento che vive con un pappagallo irriverente in una casa senza letto (preferisce infatti dormire sul divano), fra i suoi quadri, l’epilessia, i polmoni “tristi” per l’asma, i vecchi fantasmi della sua infanzia.
Salvo, a sua volta, è anch’egli un’anima inquieta: Liubia ci assicura che è schizofrenico, ma né lui né chi gli sta attorno sembrano essersene mai accorti. Sparisce per lunghi momenti, e a questi alterna poi l’eros e l’attrazione per la sua “Liubita” (come la chiama lui spagnoleggiando) e in special modo per le mani di lei, nonché accessi di logorrea che sfoga in ondate su ondate di sms (la storia sembra infatti essere ambientata in un passato piuttosto vicino, forse agli inizi degli anni Duemila).
Attorno a loro si muovono poi vecchie fiamme di Liubia, Gallo il pappagallo, alcune amiche di Salvo, il bravo ragazzo Giuseppe e Claudio, piccolo spacciatore da cui Salvo si rifornisce di hashish.
E poi gli affetti, ormai lontani nel tempo e nello spazio, delle famiglie di origine. Le madri, i padri, le nonne sono nominati quasi sempre con lettera maiuscola, e tutto sommato è giusto: se una persona chiama “Mamma” la propria madre, allora è comprensibile che nel racconto quello diventi il vero e proprio nome del personaggio, specialmente se, come in questo caso, il racconto è narrato in prima persona.
E l’infanzia, il passato, hanno sicuramente un ruolo rilevante in questa storia.
Man mano che si va avanti nella narrazione emerge infatti la ricerca di un qualcosa di ormai perduto, quell’infanzia da cui si è stati bruscamente strappati per passare ad una lunga fase di precariato sociale, fra lauree con cui non si mangia e lavori da pochi euro buttati nell’erba o nell’alcool, o al limite nel carburante di un motorino.
Il tutto in una cornice in cui l’amore è l’unica scappatoia dal nulla, da un limbo sentimentale in cui, per usare le parole di Liubia, si sta “come si sta a regime alimentare, sognando il cibo“.
Lo stile del racconto si presenta simile alla sua protagonista. E’ infatti pieno di passaggi concitati, stacchi al limite del cinematografico, ironia, citazioni, piccoli giochi di parole e riflessioni sulle correlazioni fra la malattia, l’amore e la socialità in genere, erotismo e un linguaggio a tratti anche abbastanza esplicito.
Numerosi sono anche i riferimenti all’esoterismo, dalle pietre curatrici alla magia sessuale, passando attraverso la Bibbia, l’oroscopo, la cabala ma, sembra, senza che questi riferimenti condizionino lo svolgersi degli eventi (almeno agli occhi del profano, s’intende).
Una nota sul finale. La risposta di Giobbe non ha bisogno di svelare tantissimo per quanto riguarda l’evento principale del racconto: come si è detto, già dalle prime righe è possibile sapere come sia finita la storia. Allora il bello sta nella scoperta di ciò che è nel mezzo, fra l’incontro fatidico di Liubia e Salvo e l’attimo in cui lei inizia a ricordare.
Ecco, da questo punto di vista si può dire che sarebbe stato molto più bello avere più materiale da leggere e da assaporare, magari con la chiusura di qualche situazione professionale di Liubia o semplicemente con qualche dettaglio in più su alcuni dei personaggi “minori” che affastellano il racconto.
Non è comunque un difetto troppo rilevante: il romanzo è breve e scorrevole, ironico ma anche capace di fermarsi un po’ a riflettere, arricchito di metafore e giochi di parole a tratti audaci (quello su Ventimiglia e la Francia ad esempio), piccoli spaccati di Milano, vite di emigranti fisici e spirituali, personaggi particolari.
In definitiva La risposta di Giobbe è un libro bello, scorrevole e che soprattutto accalappia l’attenzione del lettore fin dalle prime righe, disponibile anche in formato audiobook letto dall’autrice.
Consigliato, consigliato, consigliato.
Sul sito ufficiale di Silvia Pedri (ebook+audiobook) qui.
Sitografia
Bibbia EDU – http://www.bibbiaedu.it/ (ult. visita 28/12/2017)
- Il cd. sfogo di Giobbe: Gb, 7, 11-21.
- Gb, 42, 3 – Traduzione CEI 2008, su: http://www.bibbiaedu.it/.
Visto che condividiamo la passione per i libri, spero che questo mio post ti dia degli spunti per le tue letture future: https://wwayne.wordpress.com/2013/08/24/la-fine-di-un-altra-era/. 🙂
Grazie!
Grazie a te per la risposta! 🙂