Cinema Muto Italiano (1896-1930) – di Riccardo Redi (1999) | Recensione Libro

Cinema Muto Italiano (1896-1930) - di Riccardo Redi
In copertina, Pina Menichelli ne La Seconda Moglie (1922) – realizzata da AltoContrasto, Roma (http://www.altocontrasto.it).

Anno: 1999

Autore: Riccardo Redi

Editore: Fondazione Scuola Nazionale di Cinema

Distributore: Marsilio Editori S.p.a.

Pagine: 255

EAN: 9788831773300

C’è stato un tempo in cui, nelle sagre paesane, accanto al tiro al bersaglio e alla casa dei fantasmi c’era il Cinema. O meglio, c’erano le “fotografie animate“, come all’epoca erano chiamati i film.

C’è stato anche un tempo in cui “i film” erano invece “le film”, ossia le pellicole su cui materialmente era impressa l’immagine.

E’ un tempo strano, Alessandro Barbero lo ha definito “sospeso1.

E’ un tempo in cui ci sono re e regine ma anche sindacati e industrie pesanti (la Caproni apre nel 1910, la FIAT nel 1899, la Ansaldo addirittura nel 1853); ci sono reparti di cavalleria in ogni esercito, ma Balaclava ha dimostrato che ormai combattere a cavallo serve a poco; ci sono popoli in cerca di autodeterminazione, ma anche colonie e confini disegnati a matita sulle carte geografiche dai vincitori di “guerre” che forse sarebbe più corretto definire “massacri”.

E’ quello che si chiama la Belle Époque. E’ la fine dell’Ottocento, dove i lavoratori vanno in treno a godersi le ferie e persino i re acconsentono a farsi filmare per amore del consenso.

Cinema muto italiano (1896-1930) di Riccardo Redi presenta un viaggio in questo mondo un po’ steampunk e nel Cinema italiano delle origini, arrivando fino al 1930, nel pieno del regime fascista.

Ed è un viaggio che Redi costruisce non solo attraverso il suo commento, ma soprattutto attraverso la voce dei protagonisti, siano essi registi, critici cinematografici, funzionari pubblici.

Possiamo così vedere quali erano i punti di forza e debolezza di quel Cinema, i problemi che rendevano difficile lo sviluppo di un vero e proprio sistema industriale, “la calata” dei film statunitensi durante la Prima Guerra Mondiale a causa degli embarghi e del gioco delle diplomazie, il momento in cui il fascismo provò a mettere le mani sulla Cultura e sul Cinema.

E soprattutto possiamo farci un’idea sia del modo di gestire l’industria del Cinema in quegli anni, sia del giornalismo cinematografico dell’epoca.

Per esempio, conosciamo lo Studio sulla situazione Cines del 1910, redatto dal barone Alberto Fassini, che illustra lo stato sia economico sia artistico in senso lato di questa grande casa di produzione. Ma anche alcuni stralci di riviste specializzate che danno uno spaccato delle esportazioni e importazioni di film all’epoca.

Allo stesso modo vediamo la nascita del documentario attraverso le “attualità” provenienti da ogni dove, dai luoghi delle istituzioni, da Messina integra e terremotata, dai campi di battaglia della Grande Guerra.

Non mancano poi recensioni coeve ai film dell’epoca e testimonianze dirette dei fatti.

Per gli appassionati ci sono infine degli easter egg: un catalogo d’archivio dei film muti italiani, decine di locandine, immagini e foto di scena provenienti dall’archivio personale dello stesso Redi, analisi di documenti contabili nonché alcune statistiche che (spera l’autore) qualche lettore riuscirà prima o poi a decifrare.

E qui emerge un dato tipico dell’industria italiana e non solo: la poca trasparenza, spesso frutto non già di una qualche malafede quanto piuttosto di una sorta di faciloneria, causata a sua volta dalla poca competenza dei dirigenti.

A gestire questa Macchina Cinema, infatti, non erano sempre capitani d’industria o appassionati della prima ora (come avrebbero potuto essere e in effetti sono stati Méliès in Francia, o Edison negli Stati Uniti, o gli stessi Lumière, proprietari di un’azienda del settore tessile sempre in Francia), quanto invece notabili provenienti dall’aristocrazia, imprenditori dello spettacolo e successivamente gerarchi, affiancati da economisti, avvocati e ragionieri.

Ed emerge in particolare come nelle fasi iniziali non si tenesse conto delle vendite del singolo film, e come i film fossero considerati in effetti un po’ tutti uguali (i calcoli erano fatti in base ai metri di pellicola).

Insomma, nonostante i capolavori e i piccoli gioielli che fin dall’inizio ha saputo portare al mondo (Thaïs, La Gerusalemme liberata, Quo vadis?, Cabiria, un Frankenstein perduto del 19202, solo per citarne alcuni) emerge come nelle fasi iniziali il Cinema fosse in parte considerato una sorta di spettacolo buono più per il baraccone di una fiera che per una Mostra d’Arte.

Ma dopotutto era il Cinema delle Attrazioni, dove le “attrazioni” erano esattamente quelle delle fiere di paese.

Consigliatissimo a tutti, e in particolare a chi vuole avvicinarsi al Cinema, a chi vuole sapere dalle parole dei protagonisti come il Cinema italiano è nato ed è fiorito e quali difficoltà ha dovuto affrontare, a chi vuole riflettere sulla sua evoluzione e sui problemi che ancora oggi in parte lo affliggono.

Sitografia

Alex Visani – https://www.alexvisani.com/storia.htm (ult. visita 04/08/2017)

Videografia

Youtube – Canale Festival della Mente Sarzana – Alessandro Barbero relaziona su “Come scoppiano le guerre – La Prima Guerra Mondiale” – https://www.youtube.com/watch?v=OIAeg_n0l8Q (ult. visita il 04/08/2017)

  1. Vedere qui, precisamente al min. 42 e ss.
  2. Vedere qui.

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